Film australiano del 2022, della durata di 97 minuti, con una valutazione di 4/10, con la regia di Anthony Leyes e una sceneggiatura di Polly Smith.
Basato sulla vita di Kenny Wells, Scrip è motivato dalla storia vera dello scandalo minerario Bre-X del 1988, quando un enorme deposito d'oro fu scoperto nelle giungle dell'Indonesia e anni dopo si seppe che i campioni erano stati falsificati. Drammatico, thriller psicologico.
Domande sulla moralità di fronte all'ambizione nella ricerca della ricchezza ad ogni costo.
Il regista Heyes, consapevole del materiale trito che possiede, decide di optare per un dinamismo poco convincente, per richiamare proposte relativamente recenti e ben più allettanti.
qualcosa che il regista sa e cerca di porre rimedio, anche se con strumenti riconosciuti.
Zac Efron (Virgil) è un viaggiatore che fugge dalla sua vita decadente, in un prossimo futuro distopico, dove le risorse sono estremamente scarse di fronte a una storia cruda, che non è mal pianificata fin dall'inizio, ma perde forza man mano che si sviluppa, fino a che alla fine ti dà una svolta secca per mostrare la crudeltà umana e i pericoli del deserto dell'altopiano.
Forse ciò che è interessante del personaggio è che è un bersaglio perfetto per rivelare gli effetti della corruzione del capitalismo, soprattutto quando iniziano ad emergere rivelazioni sulla verità dell'oro.
Anthony Heyes (Keith) nella sua sfaccettatura di regista attore secondario, mettendo la faccia del cattivo, che dà una spiegazione nel situare la trama e la sua risoluzione.
Susie Porter, uno strano personaggio secondario, un po' forzato, e niente di definito, quindi la sua presenza genera confusione, lasciando più dubbi senza risposte.
Nonostante il buon lavoro nella performance del suo protagonista, arriva un momento in cui la trama rallenta. Andando in giro, a volte senza molto senso, o con elementi molto opportunamente collocati per prolungarne la durata, senza profondità nella storia e con un'apparenza quasi superflua, forse troppo opportuna visto il rozzo esito. È vero che questo gli conferisce molto realismo, ma in diverse occasioni riduce la tensione e può confondere l'attenzione dello spettatore, provocando una sensazione di pesantezza e stanchezza.
La mancanza di originalità con un sopravvissuto un po' goffo e sempliciotto finisce per appesantire un film che sperava di avere più possibilità.
La trama diventa in qualche modo semplicistica man mano che procede e ci sono colpi di scena non sorprendenti. Tutto diventa in qualche modo convenzionale e prevedibile, che in generale non mi sono sentito intrappolato dalla sceneggiatura.
Tecnicamente, il paesaggio abbandonato in cui si svolge la lotta con l'elemento grezzo della fame e dell'aridità come personaggio in più è apprezzato. Con una magnifica fotografia che contribuisce a creare una dimensione più profonda alla trama in cui si passa da cacciatore a preda, in una questione di tempo.