The Lost Daughter (o The Dark Daughter)
film USA del 2021, della durata di 121 minuti, con un voto di 5/10, per la regia e la sceneggiatura di Maggie Gyllenhaa, primo film dopo una prolifica carriera come attrice, con un budget di 35 milioni, in un adattamento dell'omonimo romanzo di Elena Ferrante del 2006.
Il film presenta le interpretazioni di Olivia Colman (Leda), Jessie Buckley (Leda), Dakota Johnson (Girl), Peter Sarsgaard (Hardy), Oliver Jackson -Cohen (Tony), Paul Mescal (Will), Ed Harris (Lyle) sono candidati agli Oscar 2022 come migliore attrice con Colman, attrice non protagonista con Buckley.
Probabilmente, uno degli aspetti più preziosi di questo film è l'approccio che sviluppa sulla maternità come filo conduttore. Lungi da uno sguardo romanzato, la narrazione mette in tensione dovere e desiderio; Si trova nel punto di vista di una donna che cerca di svolgere la sua maternità, e allo stesso tempo il suo sviluppo personale, qualcosa che porterebbe al disagio.
Un filmato più che attuale si traduce in diversi punti trasgressivi, in cui viene messa in discussione la nozione di istinto materno, così come viene relativizzata la moralità attorno alla dedizione di una donna alla sua famiglia. In ogni caso, la cosa interessante e ricca del personaggio di Leda è che le contraddizioni generate dalle sue scelte risiedono in se stessa e, prossima a compiere 50 anni, torna al suo passato con poche certezze, seppur con sensi di colpa e rimpianti.
Una donna nel mezzo della sua vita che si ritrova sola, al culmine della sua professione e godendosi le spiagge greche, ma che nasconde chiaramente un segreto del suo passato che l'ha resa una persona taciturna.
La narrazione ci porta e ci porta dal presente al passato di Leda, conosciamo la sua situazione attuale che si dipana in una potente solitudine, e ci avviciniamo ai tempi precedenti della sua vita quando era il capofamiglia di una tipica famiglia. L'innesco di questa revisione della sua vita sarà una giovane madre con la figlia che sono in vacanza sulla sua stessa spiaggia e per la quale sviluppa una sorta di ossessione.
La stanchezza della protagonista si intensifica con i primi piani, che Jessie Buckley (l'attrice incaricata di interpretare Leda in gioventù) non solo sopporta ma li onora in ogni momento. Il corpo di una donna attraversata dalla maternità è rappresentato come un recinto; un labirinto di rimpianti, paure e un dovere di essere molto marcato. Uno dei punti più sconvolgenti del film è vedere l'assenza di affetto e di dolcezza di questa madre nei confronti delle figlie, mostrata senza alcun giudizio: è qui che risiede l'originalità e il femminismo della storia.
Ed un bel film in termini estetici. Con una fotografia deliziosa, per la quale aiuta la splendida cornice della ciste greca, diventa un piacere visivo che si presenta con una sorta di calma attraversata da una tensione permanente. Maggie Gyllenhaal inizia la sua carriera di regista con maestria, aprendo la strada alle donne e alle loro storie a Hollywood, presentando un tema che difficilmente lascia lo spettatore indifferente. Ci vuole molto coraggio per presentare una madre che non si sente madre per moralità; una donna che sceglie la sua individualità al posto della sua famiglia.
Forse la sceneggiatura manca della prospettiva della sensibilità materna generata da un personaggio interiorizzato nella sua frustrazione, perché limita l'essere interessante ed è difficile per lui agganciare lo spettatore.